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Teaching Foreign Languages to Students with Learning Difficulties

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  1. Modulo 1. Cosa sono i Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA)
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  2. Modulo 2. Risultati dell'Apprendimento nell'Insegnamento delle Lingue Straniere
    7 Argomenti
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  3. Modulo 3. Principi Chiave
    5 Argomenti
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  4. Modulo 4. Metodologia delle Lezioni
    9 Argomenti
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  5. Modulo 5. Esercizi
    5 Argomenti
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  6. Modulo 6. Consigli per i/le docenti
    5 Argomenti
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  7. Modulo 7. Buone pratiche
    3 Argomenti
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  8. Modulo 8. Come Valutare i Risultati dell’apprendimento
    5 Argomenti
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    1 Quiz
AVANZAMENTO DEL MODULO
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La Formazione per Prove Discrete (DTT) è un metodo didattico che prevede la suddivisione di abilità più ampie in piccole componenti.  La DTT si suddivide in tre parti:

  1. Antecedente: la presentazione da parte del formatore o della formatrice.
  2. Comportamento: la risposta del/la discente.
  3. Conseguenza

La DTT agevola lo sviluppo di una nuova abilità semplificando il compito e dando l’opportunità di fare pratica, ottenendo una ricompensa in caso di risposta corretta.

Nella DTT si inizia insegnando un elemento, suggerendo e riconoscendo le risposte corrette, fin quando i/le discenti dimostrano di possedere la nuova abilità.

Si potrebbero insegnare i colori partendo dal rosso. Chiedere poi ai/alle discenti di indicare qual è il rosso, dando un suggerimento all’occorrenza, e riconoscendo successivamente il comportamento (queste sono le cosiddette Prove di Massa). Si potrebbe poi passare all’insegnamento del giallo e riconoscere tale abilità. Una volta appresi individualmente entrambi i colori, si chiederà ai/alle discenti di indicare il rosso o il giallo quando le prove vengono mescolate (cosiddetta Rotazione Casuale). Una volta che il/la discente impara a distinguere vari colori durante il rimescolamento delle prove, si potrà insegnargli/le il nome di ogni colore. (Pratt & Stewart, 2018)

Nella DTT i dati vengono acquisiti dalla risposta del/la discente, in modo tale che il/la docente possa stabilire il momento in cui la nuova abilità è stata acquisita. La DTT è efficace nell’insegnamento di abilità come: seguire le istruzioni, fare abbinamenti, identificare e dare un nome ad oggetti e figure.  Non è invece raccomandata per l’insegnamento di abilità comunicative o sociali.

Il modello è esemplificato nella figura sottostante (Lizard Centre, 2017):

Poiché le persone con autismo imparano meglio attraverso la ripetizione, questa rappresenta una strategia didattica diretta e intenzionale a disposizione dei/delle professionisti/e. I programmi di DTT, di solito, prevedono molte ore, mesi o addirittura anni di prove discrete. I vantaggi della formazione di prova discrete sono:

  • le abilità vengono suddivise in componenti discrete che sono più facili da apprendere per i/le discenti autistici.
  • Le prove brevi aumentano la probabilità che il/la discente porti positivamente a termine il compito e offrono ottime opportunità di ricompensa. (Prat & Steward, 2018)

Sebbene sia uno strumento formativo utile, la formazione per prove discrete presenta anche degli svantaggi. In generale, le persone con autismo hanno eccellenti capacità mnemoniche e, sfortunatamente, la memorizzazione viene spesso confusa con la reale comprensione.

Le persone autistiche hanno altresì difficoltà con le generalizzazioni. Se le prove di massa vengono somministrate mediante i medesimi materiali, con le stesse frasi e nello stesso ambiente, gli/le specialisti/e non possono essere sicuri/e che il/la discente sarà in grado di mettere in pratica l’abilità o le conoscenze con nuovi materiali ed in altri ambienti. Le generalizzazioni e l’uso effettivo, nel mondo reale, devono essere intenzionalmente previsti all’interno dei programmi di DTT.

Infine, il risultato di ogni strategia può essere misurato valutando come i/le discenti mettono in pratica un’abilità in contesti non formativi. Questa tematica andrebbe affrontata nelle prime battute del programma.

Le tappe da seguire nell’implementazione di questa metodologia per le persone autistiche sono incluse nelll’Allegato 1 (Bogin et al 2010).